La Graphene Flagship ritorna al GSMA Mobile World Congress, portando con sé la prossima generazione di tecnologie mobili. Entra nel padiglione Graphene e entra nell'affascinante mondo del grafene e dei materiali correlati in una mostra progettata per dare vita a questi materiali. Scopri come possono essere realizzati su larga scala nel Knowledge Center di Graphene e sperimentare nuove tecnologie all'avanguardia, con dimostrazioni interattive in Sensori e IoT, Wearables and Health, Datacom ed Energy. Organizzato dalla Graphene Flagship, a cura di ICFO e supportato dalla Commissione europea e dalla GSMA, il padiglione Graphene rappresenta uno sguardo al futuro delle tecnologie mobili
I dispositivi
elettronici potranno essere lavati in lavatrice e quindi stampati direttamente
sui vestiti: l’elettronica potrà diventare davvero indossabile. Il segreto
risiede negli inchiostri realizzati con il grafene. Ma un getto d’inchiostro
che proietta circuiti su qualsiasi superficie apre la strada ad applicazioni
innovative
Tra
qualche anno molti dispositivi elettronici saranno accompagnati da un’etichetta
che specifica se possono essere lavati in lavatrice e stirati. Circuiti che
saranno stampati direttamente sui capi di abbigliamento, rendendo effettiva la
promessa dell’elettronica indossabile. Il segreto di questa rivoluzione risiede
negli inchiostri realizzati col grafene e altri materiali bidimensionali, ossia
formati da un singolo strato di atomi. Il grafene, in particolare, è costituito
da un unico strato di atomi di carbonio su base esagonale e valse nel 2010 la
vittoria del premio Nobel per la fisica agli scienziati che ne scoprirono le
sue straordinarie proprietà.
I
ricercatori del Cambridge Graphene Centre, nell’omonima università inglese, da
diversi anni hanno sviluppato una tecnica che consente di produrre su larga
scala inchiostri commerciali a base di grafene e dei suoi “fratelli”
bidimensionali, come il nitruro di boro. Questi inchiostri, come spiega da
Cambridge l’italiano Felice Torrisi, permettono già oggi di “stampare elettrodi
flessibili e trasparenti per schermi o celle solari, antenne per dispositivi a
radiofrequenza come quelle integrabili sulle confezioni dei prodotti, sensori
di pressione e ricetrasmettitori usa e getta a basso costo e riciclabili”.
Ora
però il team di Torrisi si è spinto oltre sviluppando per la prima volta degli
inchiostri, composti da grafene e nitruro di boro, che consentono di “stampare
i circuiti elettronici direttamente sui tessuti e con qualche modifica delle
fibre rendere il nuovo tessuto lavabile in lavatrice”.
Il
tutto funziona “per almeno venti cicli di lavaggio senza significativi
cambiamenti nella performance”, come hanno spiegato i ricercatori su Nature
Communications. In pratica, con questo inchiostro gli studiosi
hanno realizzato dispositivi e circuiti elettronici come un transistor, un
inverter, una memoria logica e un elemento a memoria di due bit, dimostrando
quindi la fattibilità della tecnica.
Come
spiega Torrisi, inoltre, i materiali utilizzati – ossia il grafene e il nitruro
di boro – sono “biocompatibili non interagendo con la pelle” e quindi
particolarmente adatti ad indumenti da indossare.
Le
potenzialità di questo studio sono notevoli: “Immagina di avere una maglietta
che raccoglie informazioni sul tuo stato di salute, le memorizza, e poi è in
grado di mostrare questi dati attraverso un display”. Questo stesso indumento
potrebbe anche misurare lo stato d’animo e cambiare colore di conseguenza,
monitorare la sudorazione quando si fa sport o, ancora, diventare interattivo e
perfetto per il mondo dei videogiochi.
Il
fatto che questi circuiti siano realizzabili con una stampante li rende ancora
più interessanti poiché “la stampa è una tecnica che permette una fabbricazione
veloce e a basso costo; utilizzando una stampante a getto d’inchiostro è
possibile costruire i nostri circuiti su qualunque superficie senza nemmeno
toccarla”.
La
resistenza all’acqua è anche il senso della ricerca seguita all’Università
egiziana di Alessandria dal team di Rafik Abbas che è riuscito a realizzare un
circuito idrofobico su una lastra di rame. La tecnica, descritta sulla rivista
“Advances in Materials Science and Engineering“, prevede in questo caso
l’utilizzo di fiocchi di grafene e fluoro e potrebbe essere applicata a oggetti
come i cellulari.
Resistenza
all’acqua che ora si estende anche ai pannelli solari. Un gruppo di ricercatori
dell’Università di Tokyo e del centro di ricerca Riken ha così recentemente
presentato sulla rivista Nature Energy una superficie
fotovoltaica che può essere immersa in acqua senza perdere le sue funzionalità.
Gli studiosi, guidati da Takao Someya, sono partiti da celle fotovoltaiche
organiche, flessibili ed estremamente sottili sviluppate da loro, ricoprendole
con un materiale impermiabile. Il risultato è stato la realizzazione di un
pannello solare flessibile che può rimanere immerso in acqua anche per due ore
perdendo solamente il 5,4% della sua efficienza.
L’impermiabilizzazione,
assieme alla possibilità di stampare direttamente circuiti elettronici su
superfici flessibili e tessuti, renderà sempre più pervasiva l’elettronica di
domani. “Con il mio gruppo – conclude infatti Torrisi – vogliamo creare una
vasta serie di inchiostri di materiali bidimensionali, come è il grafene,
per stampare questi dispositivi hi-tech su ogni superficie: dai tessuti
alle pareti o, perché no, al legno”. Non solo magliette elettroniche, dunque,
ma anche sedie e tavoli, i cui circuiti continueranno a funzionare anche quando
gli si versa sopra il caffè.
Tlc, la rivoluzione del grafene:
ecco il modulatore ottico di fase
È il primo al mondo realizzato in
italia, da ricercatori Sant'Anna di Pisa assieme al Cnit. Grande circa mezzo
millimetro, è un innovativo dispositivo fotonico utilizzato per la conversione
dei dati elettronici in dati ottici in maniera estremamente efficiente
ROMA - Il futuro delle
telecomunicazioni e della trasmissione dei dati ad altissima capacità passa dal
grafene e dal contributo dell'Italia. Questione di 5-10 anni, non di più, e le
connessioni in fibra ottica potranno mettere il turbo, diventando velocissime e
potenti proprio come era accaduto qualche decennio fa nell'elettronica. Il
gruppo di ricerca congiunto tra istituto Tecip (tecnologie della comunicazione,
informazione, percezione) della scuola superiore Sant'Anna di Pisa e consorzio
nazionale interuniversitario per le telecomunicazioni (Cnit),
coordinato da Marco Romagnoli, responsabile della produzione su larga
scala dei componenti optoelettronici per graphene flagship, il più grande
programma di ricerca europeo con 150 partner e un budget di 1 miliardo di euro,
ha pubblicato su Nature Photonics la dimostrazione del primo modulatore
ottico di fase al mondo, realizzato in grafene e silicio. Si tratta di un
innovativo dispositivo fotonico utilizzato per la conversione dei dati
elettronici in dati ottici in maniera estremamente efficiente. Il nuovo
dispositivo ha dimensioni di circa mezzo millimetro, è potenzialmente
compattabile fino a un decimo di millimetro ed è basato su micro-fotonica in
silicio (la cosiddetta "silicon photonics") e un singolo strato di
grafene, strato monoatomico di carbonio con spessore inferiore al miliardesimo
di metro.
I sistemi in fibra ottica che utilizzano la luce come mezzo per il trasporto
dei dati si sono affermati dagli anni '80 del XX secolo come gli strumenti più
efficienti per realizzare le reti di telecomunicazione ad alta capacità, alla
base della rivoluzione informatica degli ultimi 30 anni. Processori e memorie
elettroniche sempre più potenti hanno consentito la manipolazione di una
quantità crescente di dati, che ha portato allo sviluppo della moderna società
dell'informazione. Questo sviluppo non sarebbe stato possibile senza il
costante sviluppo delle tecnologie e dei sistemi di trasmissione, diventati
sempre più performanti grazie alle innovazioni nel campo delle comunicazioni
ottiche.
Oggi, infatti, i sistemi di trasmissione ottici sono utilizzati non soltanto
per realizzare le grandi reti geografiche che collegano città, stati e
continenti e le reti metropolitane o di accesso, la nota "fibra" che
arriva nelle case degli utenti, ma anche per interconnettere al loro interno i
datacenter e i supercomputer, che sono alla base del cloud-computing, dei
social network, degli shop online. Per questo motivo è importante sviluppare
dispositivi sempre più integrati, compatti, e che presentino un ridotto consumo
energetico. La progressiva adozione di tecnologie ottiche per connessioni dati
- sempre più ridotte in termini di distanze, via via che queste tecnologie si
rendono disponibili e dimostrano una convenienza di prestazioni e costi -
porterà in un prossimo futuro a utilizzarle all'interno dei calcolatori
elettronici per interconnettere gli elementi base dei computer come i
processori, le memorie e le periferiche. Questo porterà ad un elevato aumento
delle prestazioni complessive dei dispositivi elettronici e sarà reso possibile
soltanto grazie all'integrazione fotonica e alla corrispondente riduzione delle
dimensioni e dei consumi dei dispositivi.
La ricerca condotta dal gruppo misto Sant'Anna-Cnit ha evidenziato come sia
promettente in questo contesto lo sviluppo di componenti in silicio con
l'utilizzo del grafene. È possibile infatti realizzare nuovi dispositivi di
questo tipo utilizzando le stesse infrastrutture e gli stessi processi
tecnologici usati per produrre i componenti microelettronici, quindi senza
grandi ulteriori costi di sviluppo. Le peculiari proprietà fisiche del
grafene - materiale compatibile con queste tecnologie, economico, e
particolarmente performante - possono aggiungere funzionalità ai nuovi
dispositivi realizzando prestazioni finora irraggiungibili. "Il modulatore
ottico di fase, la cui funzionalità è stata dimostrata recentemente, insieme
agli altri nuovi componenti che utilizzano il grafene, può diventare un
tassello essenziale per lo sviluppo delle piattaforme di telecomunicazione e
dati ad altissima densità e velocità, necessari per sostenere il tumultuoso
aumento delle trasmissioni richiesto dalle nuove piattaforme legate al 5g, lo
'smart manufacturing' (la 'quarta rivoluzione industriale') e l' 'internet delle cose', ha spiegato Giampiero
Contestabile, ricercatore all'istituto tecip (tecnologie della
comunicazione, informazione, percezione) della scuola superiore sant'anna e
co-autore dell'articolo pubblicato su nature photonics.
Alla Rice University lo stesso team già impegnato nello sviluppo del
LIG (Laser Induced Graphene), ha messo a punto una nuova tecnica che
consente di "scrivere" su diversi materiali, tra cui indumenti,
legno, cartone e persino cibo. La ricerca (o forse dovremmo dire la
ricetta?) è stata pubblicata sulle pagine della rivista Acs Nano.
Il progetto è "figlio" del LIG sviluppato dall'equipe di
James Tour e prende le mosse proprio da quello. Il LIG infatti è un metodo che
consente di ottenere una "schiuma" di fogli di grafene riscaldando
tramite laser semplici polimeri di plastica a basso costo.
Da qui i ricercatori sono partiti per mettere a punto una sorta di "penna" in grado di utilizzare questa schiuma di grafene per scrivere su diversi materiali, cibi inclusi. Ma a che scopo?
https://youtu.be/oaaHLu77pQc
"Spesso non si riesce a vedere l'applicazione di una scoperta finché non la si realizza", ha dichiarato Tour in merito. "In futuro, forse, gli alimenti in vendita potranno avere un tag RFID a base di grafene, che contenga dati sulla provenienza del cibo, la data di produzione e il percorso che ha seguito prima di arrivare in tavola", ma in realtà il grafene "edibile" potrebbe consentire anche di realizzare sensori alimentari, in grado di segnalare ad esempio la presenza sui cibi di microrganismi indesiderati, illuminandosi se il cibo è contaminato. Insomma gli utilizzi potenziali potrebbero essere molti e molto utili, ma la scienza non procede con la logica del buonsenso, per cui prima scopre cosa si può fare con un determinato prodotto, saranno poi aziende e imprenditori a pensare come sfruttare una determinata scoperta.
Materiale da record creato al MIT: è 10 volte più forte dell’acciaio e leggerissimo.
I ricercatori del prestigioso istituto americano lo hanno messo a punto fondendo strutture di grafene, un materiale composto da uno strato monoatomico di carbonio. Le applicazioni potrebbero essere moltissime, soprattutto nell’urbanistica.
Realizzato un materiale dieci volte più resistente dell'acciaio ma con una densità pari al 5 percento dell'iconica lega di ferro e carbonio. È dunque leggerissimo, e potrebbe avere molteplici applicazioni “miracolose”, soprattutto nell'urbanistica e nella costruzione di infrastrutture, come ad esempio i ponti. Lo hanno messo a punto i ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale (CEE) presso il prestigioso Massachusetts Institute of Technology, noto in tutto il mondo con l'acronimo di MIT.
Ma come è stato creato questo incredibile materiale? Gli studiosi, coordinati dal professor Markus Buehler, sono partiti da quello che fino ad oggi era considerato il materiale più forte sul pianeta, ovvero il grafene. Sviluppato nel 2004 dai ricercatori Andrej Gejm e Konstantin Novoselov dell'Università di Manchester, per il quale ottennero il premio Nobel per la fisica nel 2010, il grafene è uno strato monoatomico di atomi di carbonio, caratterizzato dalla resistenza meccanica del diamante e dalla flessibilità della plastica. Nonostante queste caratteristiche, creare strutture tridimensionali con esso è estremamente complicato.
Buehler e colleghi sono riusciti ad aggirare il problema fondendo piccoli frammenti di grafene fra loro, fino a creare una struttura geometrica a maglie. Il risultato è il materiale poroso di cui sopra, caratterizzato da una forma peculiare ma soprattutto dalla resistenza e dalla leggerezza incredibili. I ricercatori hanno stampato in 3D diversi campioni e ne hanno testato la resistenza (da record) con potentissime presse, dimostrando la sua potenziale efficacia nelle situazioni in cui è necessaria una combinazione di resistenza e leggerezza, come nei già citati ponti.
Il segreto del materiale, oltre che nel cuore di grafene, è anche nella peculiare struttura a maglie messa a punto dai ricercatori del MIT. La geometria ottenuta è così robusta che può offrire ottimi risultati anche con polimeri e altri composti meno preziosi e forti dell'iconico grafene.
(ANSA)
- ROMA, 14 FEB - Dal grafene arrivano le prime etichette intelligenti
commestibili, 'scritte' direttamente nel cibo. Contengono tutte le informazioni
su provenienza e conservazione e sono dotate di sensori che possono rilevare
anche la presenza di batteri. Il risultato, descritto sulla rivista Acs Nano
Science Dayly, si deve ai ricercatori della Rice University.
"Non
è inchiostro - spiega James Tour, che con il suo gruppo di lavoro era già
riuscito a 'trasformare' i biscotti in grafene - Quello che facciamo è
convertire il materiale stesso in grafene". L'idea di base è che qualsiasi
materiale, con la giusta quantità di carbonio, può essere trasformato in
grafene (diventando quello che i ricercatori definiscono grafene indotto dal
laser o Lig), ed essere usato ad esempio come sistema di identificazione a
radiofrequenza (Rfid) o sensore biologico. Oltre che negli alimenti, il grafene
indotto può essere 'scritto' su carta, cartone e stoffa.