mercoledì 24 maggio 2017

IL FUTURO DEGLI OLEODOTTI (GRAZIE AL GRAFENE)

Gli oleodotti sono gli “eroi” nascosti dell’industria petrolifera e del gas. Spesso vecchi di decenni, sono sopravvissuti immutati nel tempo, resistendo a ruggine e intemperie. Tuttavia, nonostante i progressi compiuti sugli standard di sicurezza e sui materiali utilizzati nelle costruzioni, sono rimasti sostanzialmente com’erano. Ma qualcosa potrebbe cambiare presto, anche grazie al grafene…

L’opposizione che travolge gli oleodotti è per i governi e le società energetiche un grande dilemma. Nel medio e lungo termine, il desiderio di abbandonare gli idrocarburi è sempre più evidente. Tuttavia petrolio e gas costituiscono ancora ciò che ci permette di far funzionare auto, città e industrie e gli oleodotti l’unico modo per trasportarli. Spesso le preoccupazioni sono comprensibili. Nel 2014 si stimava che il 45 percento della rete di oleodotti in America avesse più di 50 anni. Considerando che gran parte di essi viene progettata per avere una vita di 20 o 30 anni, il contrasto con la realtà desta molta preoccupazione.

È quindi necessario un programma per assicurare che le nuove tecnologie, affiancate a una rigida regolamentazione, possano rendere sempre più sicuri gli oleodotti. Il grafene, ad esempio, potrebbe fornire una soluzione. Le possibili applicazioni che gli si riconoscono, comprendono la rimozione di materiali radioattivi dall’acqua contaminata, la costruzione di sensori di pressione, e la produzione di transistor di nuova generazione.

Il grafene potrebbe essere una soluzione nella costruzione dei gasdotti

Com’è stato dimostrato dalla società britannica Haydale Composite Solutions (HCS), il grafene puòanche essere aggiunto nel processo di produzione degli oleodotti, aumentando la capacità di resistenza alle eventuali perdite. HCS ha aperto un centro ricerche in Galles per testare le nuove tubature, conseguendo ottimi risultati e ottenendo contatti industriali di primo livello oltre a un’ulteriore ricerca di  nuovi materiali. In una dichiarazione fatta nel mese di agosto 2016, Gerry Boyce, Amministratore Delegato di HCS diceva: “Vediamo una vasta gamma di benefici nell’impiego di polimeri arricchiti di grafene per la funzionalità dei sistemi degli oleodotti e gasdotti, fra cui il miglioramento della robustezza, rigidità e resistenza, minore fatica in termini di prestazione. Possiamo quantificare questi benefici con l’utilizzo di un test di collaudo, che consentirà ai clienti di poter disporre di tubature realizzate con un composito arricchito di grafene ottenendo migliori prestazioni ad un costo minore.”

Anche sulla sponda opposta dell’oceano sono in corso tentativi per allungare l’aspettativa di vita degli oleodotti. Società come Kinder Morgan stanno lavorando per estendere tale aspettativa a ben oltre l’attuale media di 20 anni. Tramite la protezione catodica, ovvero un rivestimento ad elevate prestazioni applicato sulla parte esterna dei tubi, gli oleodotti possono aumentare la loro resistenza, soprattutto rispetto alla contaminazione delle acque e allo stress del suolo, due dei principali rischi per gli oleodotti interrati. Se sottoposti a corretta manutenzione, infatti, il rischio di perdite dagli oleodotti di ultima generazione è molto basso. Ancor prima dell’implementazione del materiale innovativo a base di grafene della HCS, durante la vita operativa delle tubature, venivano già utilizzati speciali rivestimenti in polimero per prevenirne la corrosione e l’abrasione.

Matt Alliston, vice presidente per i mercati nazionali di Specialty Polymer Coatings, sostiene da tempo che “i rivestimenti per tubature e giunture in materiale epossidico, di facile manutenzione, possono incrementare sostanzialmente la capacità degli oleodotti di mantenere la propria integrità “. Inoltre, per risolvere i problemi derivanti da terreni difficili e delle lunghe distanze coperte dalla rete, le società stanno facendo progressi per assicurare che questi rivestimenti vengano applicati automaticamente. Alliston spiega come l’utilizzo di un’ apparecchiatura automatica di applicazione meccanica consenta ad esempio “un processo di rivestimento efficace,  ripetibile e affidabile”.

Anche i sistemi di informazione geografica (geographic information systems – GIS) rappresentano un cardine della pianificazione degli oleodotti, tuttavia una loro applicazione più diffusa eviterebbe in futuro possibili controversie assicurando nella misura più adeguata che la rotta percorsa dagli oleodotti sia ecologicamente e socialmente sostenibile. Ad oggi i GIS sul mercato offrono una serie di applicazioni, che comprendono anche i dati geografici, quelli sulle infrastrutture e sulle risposte alle emergenze. Società come ILF Consultants inseriscono anche dati sui proprietari terrieri e, se presenti, anche quelli sulle comunità indigene insediate lungo i percorsi pianificati. Le aziende energetiche sono consapevoli che non tenere conto di queste considerazioni può risultare dispendioso. Inoltre l’implementazione di queste tecnologie ed il loro completo utilizzo, produrrebbe vantaggi anche dal punto di vista fiscale.

Insomma se l’aggiornamento di tutta la rete comporta costi molto alti, potrebbe anche fruttare normi risparmi nei decenni futuri. Nel 2015, a seguito delle diverse presentazioni di rapporti sui rischi che l’invecchiamento degli oleodotti implica, l’allora Presidente Obama aveva proposto un piano da 3,5 miliardi di dollari per il rinnovamento dei gasdotti, un passo incoraggiante ma non tanto ambizioso. La relazione redatta dal governo per la copertura dell’intera rete, ha previsto un costo di circa 270 miliardi di dollari. Lo stesso Donald Trump si è impegnato a effettuare investimenti sulle infrastrutture, anche se appare più focalizzato sugli aeroporti e autostrade piuttosto che su ciò che è al centro del sistema energetico americano.

Articolo di Chris Dalby, fonte https://www.eniday.com/it/technology_it/futuro-oleodotti-grafene/

lunedì 15 maggio 2017

Tumori: chemio addio grazie a grafene

Tumori: chemio addio grazie a grafene
Studio ateneo Sassari, cellule malate uccise selettivamente

Uccidere le cellule tumorali selettivamente, senza danneggiare quelle sane, è possibile. E senza ricorrere alla chemioterapia ma servendosi di una sorta di grafene 'intelligente', materiale costituito da carbonio. Lo dice uno studio portato avanti dall'Università di Sassari e pubblicato su "Angewandte Chemie", la più importante rivista di chimica nel panorama scientifico internazione.
Senior author della pubblicazione è Lucia Delogu, biochimica e ricercatrice del dipartimento di Chimica e Farmacia, che ha coordinato una squadra interdisciplinare e internazionale composta tra gli altri da Ester Vazquez dell'Università di Castilla La Mancha, Alberto Bianco del Cnrs di Strasburgo e Maurizio Prato dell'Università di Trieste.
"Abbiamo scoperto che un particolare tipo di grafene, un nanomateriale dalle straordinarie caratteristiche fisiche e chimiche, è in grado di eliminare in modo selettivo i monociti, le cellule del sangue - spiega Lucia Delogu - Questa proprietà biologica ci ha spinto a credere che questo materiale fosse in grado di uccidere selettivamente le cellule tumorali di pazienti con leucemia mielomonocitica. Dal confronto con le terapie di uso comune, questo particolare tipo di grafene vien fuori vincente - sottolinea la ricercatrice - quello da noi individuato è estremamente specifico solo per le cellule tumorali e non tossico per le cellule sane presenti nel sangue e nell'organismo in generale".
Alla ricerca ha collaborato Claudio Fozza, oncoematologo e ricercatore del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell'Università di Sassari. "È un passo importante nel campo della ricerca contro le leucemie - conferma - e potrebbe aprire interessanti scenari per la messa a punto di nuove terapie.
Pur essendo altamente promettenti, i risultati finora ottenuti in laboratorio dovranno essere confermati in vivo". La ricerca è stata finanziata dal progetto Europeo "G-Immunomics", coordinato da Lucia Delogu, e è sostenuta dal Miur, dalla Call Flagera 2015 e dal progetto europeo "Graphene Flagship", finanziato da Horizon 2020. 

FONTE : http://www.ansa.it/sardegna/notizie/2017/05/12/tumori-chemio-addio-grazie-a-grafene_ed594e00-29e1-4991-85e8-04d4991e0782.html